L’AD di Enel insegna come gestire il gruppo di lavoro in una fase di cambiamento …e si alza un gran polverone!

In questi giorni si fa un gran parlare dell’intervento di Starace, AD di Enel, all’Università LUISS dove ha spiegato agli studenti come gestire il cambiamento in una grande organizzazione aziendale. 

Le parole di Starace hanno sollevato un gran polverone perché il manager ha dichiarato testualmente:

“Per cambiare un’organizzazione aziendale è necessario che un manipolo di cambiatori distrugga fisicamente i gangli che si oppongono al cambiamento. 

A tal fine bisogna creare malessere e poi colpire le persone che si oppongono al cambiamento in modo da suscitare paura nell’intera organizzazione. Così in pochi mesi l’organizzazione capirà perché alla gente non piace soffrire”.

Le parole di Starace, che sicuramente derivano dalla sua pluriennale esperienza di leader (esperienza che lo rende anche uno dei manager più pagati del nostro Paese), certamente non lasciano indifferenti, soprattutto coloro che, come noi, si occupano di consulenza in tema di sviluppo della leadership, di gestione risorse umane e dei gruppi di lavoro.


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Lavoro di gruppo


Proprio in questi giorni, ci troviamo a tenere corsi sul tema della Leadership e Gestione del Lavoro Di Gruppo in diverse grandi aziende. Quindi, forse, siamo anche molto sensibilizzati su questo argomento.

Per questo motivo non ci possiamo trattenere dal condividere qualche considerazione in merito.

La 1° considerazione.

Quando le persone operano in un clima di paura per un eventuale licenziamento, oppure per non essere all’altezza delle aspettative dell’organizzazione o ancora per non essere sufficientemente stimati dei propri colleghi, o per qualunque altro motivo, tendono a nascondersi e a proteggersi. 

Questo è un meccanismo di difesa naturale in una condizione di paura, ma se una risorsa umana si nasconde e si protegge, ovviamente non può dare il meglio di se stessa! Tenderà a lavorare con il freno a mano tirato. Tenderà a non prendere iniziative per paura di sbagliare. Tenderà a fare solo il minimo richiesto dall’organizzazione.

Di conseguenza, aumenterà in azienda il fenomeno dell’assenza per malattia perché aumenteranno eventi di psicosomatica dovuti allo stress lavoro correlato (c’è una ricchissima letteratura in merito). 

La frequenza delle assenze per malattia peserà in modo esorbitante sui costi del personale, già particolarmente gravosi per il bilancio di ogni azienda italiana. 

La 2° considerazione.

Se le persone lavorano in un clima di paura, la motivazione e la creatività vengono meno. Si rischia di non poter contare su risorse umane in grado di avere quella marcia in più che solo la motivazione e l’entusiasmo per quello che fanno, può garantire. 

Le persone si riducono ad essere dei “terminali non intelligenti”, dei semplici robottini pagati per non pensare.

La 3° considerazione.

Coloro che si oppongono al cambiamento probabilmente sono persone che per anni hanno lavorato all’interno dell’organizzazione, hanno trascorso gran parte della loro vita professionale in quei luoghi, con quei colleghi, cercando onestamente di fare bene il proprio lavoro.

D’altronde, se questi “vecchi collaboratori” avessero lavorato in modo disonesto per tanti anni, i managers aziendali avrebbero potuto usare tanti altri strumenti legali per eliminarli fisicamente, a prescindere dalla necessità del cambiamento.

In sostanza, se l’organizzazione ha mantenuto per anni collaboratori disonesti o improduttivi, vuol dire che c’è qualcosa di sbagliato a monte nell’opera dei managers stessi. 

lavoro di gruppoQuindi, se questi “vecchi collaboratori” sono in resistenza al cambiamento nel gruppo di lavoro di appartenenza, ma nel contempo sono professionalmente onesti e trasparenti, forse il problema è quello di formarli ed educarli, di motivarli e sviluppare in loro in senso di appartenenza: tutte cose di cui un bravo leader dovrebbe farsi carico.

L’eliminazione fisica i questi “vecchi collaboratori”, oltre ad insegnare che occorre lavorare in un clima di paura, insegna anche che per quell’azienda il rispetto umano non è un valore importante.

E la cosa sarà reciproca: se l’organizzazione non rispetta i propri uomini, loro non rispetteranno l’organizzazione, è inevitabile… e giusto!

Per non parlare poi, ecco la 4° considerazione, della legislazione in merito al mobbing e di tutta l’enorme letteratura in merito. Siccome si tratta di un reato penalmente perseguibile, su questo ci rifacciamo alla legislazione in vigore, senza aggiungere una parola in più.

Infine la 5° considerazione.

Noi siamo umbri. A pochi chilometri dalla nostra sede c’è un’azienda conosciuta in tutto il mondo, con un imprenditore illuminato soprannominato “il re del cachemire”: Brunello Cucinelli.

Lavoro di gruppoLui parla di responsabilità etica e sociale per l’azienda  e di “capitalismo umanistico” ed applica nella pratica ciò che afferma: investe quotidianamente sui propri collaboratori, valorizzandoli e premiandoli.

Condivide con loro il suo successo, anche economicamente (vedi gli abbondanti premi di produzione che annualmente i dipendenti della Brunello Cucinelli ricevono). Dalle sue testuali parole:

“Bisogna credere nell’essere umano, nella creatività di un’impresa. Supponiamo di avere un’azienda di 1000 persone. Magari ci è stato detto che tra questi ci sono soltanto due o tre persone geniali.

Ma io credo che in un’azienda di 1000 persone ci siano 1000 geni. Si tratta semplicemente di geni di tipo diverso, con un diverso grado di intensità…. Tutto si basa sulla stima e la stima genera creatività”

Siccome riteniamo che le chiacchiere stiano a zero e i risultati parlino da soli, citiamo solo qualche numero: la Brunello Cucinelli (quotata in borsa dal 2012) è in continua espansione aumentando i profitti netti del 52% solo negli ultimi due anni, e ora l’azienda ha un valore di mercato di circa un miliardo di euro.

E Enel? Siccome anch’essa è una società quotata in borsa e il bilancio è pubblico, basta darci un’occhiata. E le parole di Starace si commenteranno da sole.

Fabiola Sacramati & Paolo Sciamanna


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Per le immagini ringraziamo CREDITS